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Ricordando Bet Figueras


Giardino del Tanatorio de l’Horta, Barcellona, 2005

Era nata a Barcellona nel 1957, città con cui ha sempre avuto un legame fortissimo, in cui ha a lungo vissuto e lavorato. Se ne era allontanata per gli studi in progettazione del paesaggio, dapprima a Berkeley in California e poi a Edinburgo, dove si era diplomata nel 1982. L’anno successivo iniziava la sua lunga e fortunata collaborazione con l’ETSAB di Barcelona, dove ha a lungo insegnato nel Master de Arquitectura del Paisaje.
Nel 1983 aveva fondato il suo studio a Barcellona e di lì a qualche anno divenne architetto paesaggista presso la Unidad de Proyectos Metropolitanos della città.
La sua autentica passione e il suo talento eccezionale per l’architettura del paesaggio si sono rivelati nella dedizione alla didattica (in numerose università europee e negli ultimi anni con continuità ad Alghero) e nella felicità di alcuni tra i più noti paesaggi contemporanei che ci ha regalato. Il progetto per il Giardino Botanico di Barcellona è probabilmente il più noto, di grandissimo successo, premiato con riconoscimenti molto prestigiosi (premio Fad for Exterior Spaces e il premio Ciudad de Barcelona nel 1999), ma numerosissime sono le sue realizzazioni in Europa, soprattutto in Spagna.
L’entusiasmo e la gioia non hanno mai abbandonato il suo lavoro. Recentemente aveva vinto il concorso internazionale di progettazione per il Parque de Valdebebas, a Madrid, in gruppo con Joao Nunes Ferreira e Carlos Infantes, e appena due mesi fa aveva inaugurato la sua ultima realizzazione, i giardini per l’Hotel Mandarin Oriental a Barcellona.
Tra pochi mesi avrebbe presieduto la giuria della 6° edizione del premio Rosa Barba per la Biennal Europea del Paisatge di Barcellona.
È scomparsa il 15 aprile 2010. Amò molto le rose.

“Per un semplice caso, l’ultimo giardino di Bet Figueras che mi è capitato di vedere, è quello del Tanatorio, la struttura funeraria di Barcellona in cui nelle ore in cui scrivo queste righe hanno luogo le sue esequie. Un giardino elegante e delicato, dove nuvole di lavanda ed elicriso si elevano da un tappeto di ghiaia grigia, a isolare e togliere quasi sostanza materiale a quell’edificio dedicato a riti mesti. Il giardino, bellissimo nelle immagini successive alla costruzione, era però stato maltrattato dal giardiniere che non aveva approvato la scelta delle essenze, a suo parere di difficile manutenzione. Così la rarefatta bellezza degli ammassi fioriti era stata sconciata da un taglio rabbioso. Non so se cercare in questo un presagio; so però per certo che non avrò più il medesimo piacere nel recarmi a Barcellona a vedere nuovi giardini. Di quella città, e della capacità che lì si è espressa di rifondare una tradizione contemporanea ed europea di architettura del paesaggio Bet è stata una grande interprete, a mio avviso la maggiore. Un maestro, che mancherà molto a noi tutti.”
Franco Panzini